Fiorentina, i perché di un’assenza

Dopo 97 anni la Fiorentina ha una casa tutta sua, il magnifico Viola Park – anzi, il Rocco B. Commisso Park – e ieri l’ha aperta a 3.000 ospiti, uno più uno meno (noi). È stata festa grande a Bagno a Ripoli, presenti il presidente Uefa Ceferin, una delegazione della Fifa in rappresentanza di Gianni Infantino, il ministro per lo Sport e per i Giovani Andrea Abodi e i numeri uno di Federcalcio e Lega, Gravina & Casini. Non c’era il Corriere dello Sport-Stadio, quotidiano che – essendo ormai prossimo al secolo di vita – segue con passione la Viola dal giorno in cui è nata.

Un’assenza per scelta, nonostante più di un invito. Anche telefonico. Non c’eravamo proprio perché, oltre al mestiere, amiamo seriamente questo club, i suoi colori, la sua gente e ne rispettiamo la storia. Il servizio ai lettori, però, non potevamo farlo mancare, pur se in forma asettica. Con i colleghi del giornale, in particolare con i fiorentini, ho riflettuto sulla partecipazione all’evento: prima di tutto, mi sono chiesto come si sarebbe comportato, in una o più situazioni del genere, Alessandro Rialti, l’indimenticabile nostra voce viola che riassunse in sé – come nessun altro – amore per la squadra e attenzione per il ruolo di informatore. Ciccio mi avrebbe certamente detto «fate come vi pare, io resto a casa». Avrebbe rinunciato non solo per il caso Matteini, il giornalista che di recente, nonostante avesse pagato il biglietto, fu allontanato dal centro, ma anche e soprattutto per l’assurdo e antistorico limite agli accrediti stampa posto dalla società, troppo spesso in piedi davanti alla lavagna dei buoni e dei cattivi.

Ho rapporti eccellenti e franchi con Joe Barone e Daniele Pradè, che conosco da una vita, e mi piace quasi tutto del lavoro di Commisso, e sottolineo quasi: proprio per questo mi permetto di ricordare che una società sana e ambiziosa, quale è la Fiorentina, dovrebbe avere un atteggiamento diverso nei confronti dei media. Il grande club reagisce alle critiche, anche alle più “stronze”, con i fatti (strutture, innovazione) e sul campo (risultati). Non con le chiusure e i divieti. Il gruppo Commisso ha fatto cose splendide, ma deve migliorare dal punto di vista della comunicazione con la stampa, specie con la locale. Nei giorni che hanno preceduto l’inaugurazione ho avuto modo di parlare con Barone e mi sono sentito rispondere che «l’evento è privato esattamente come il Viola Park».

Joe-Giuseppe ha toccato un nervo scopertissimo. Perché l’idea che, in quanto privato, il calcio sia una zona franca nelle mani dei club è un equivoco culturale. La sussidiarietà, che è principio ispiratore della democrazia e dello sport, non vuol dire privatizzazione dello spazio pubblico, ma condivisione di responsabilità pubbliche da parte dei privati. Tanto più se quei privati fanno pagare un biglietto d’ingresso. Dice il saggio: Non preoccuparti della critica. Se non è vera, ignorala; se è ingiusta evita di irritarti; se è ignorante, sorridi; se è giustificata, impara da essa. E se apri il Viola Park, accogli tutta Firenze, “nemici”, o presunti tali, compresi.


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